Convegno Nazionale Educazione alla bellezza - La bellezza ferita - Relazione della Dottoressa Maria Gabriella Frabotta
La bellezza ferita
Mi piace iniziare dal vostro linguaggio, le parole legate alla storia del vostro associarvi. Associarsi tra donne, riconoscersi nella propria identità profondamente femminile attraverso un vostro vedere e comprendere. Donne anche nei ruoli della gestione del potere. Valori di riferimento, l’accoglienza, la solidarietà, l’amicizia.
Il femminismo. Sono stata una ragazza in un gruppo di ragazze che negli anni 70 fecero una scelta profonda e coraggiosa. Una presa di parola che permise di costruire vivendola una pratica di autocoscienza in un piccolo gruppo. Questi piccoli gruppi erano luoghi di incontro e conoscenza. E’ così che un nostro mondo privato di donne diventò lentamente conoscenza e cultura Altra. Un tipo di cammino che è in genere consumato in solitudine o affidato a un incontro di amicizia o d’amore. Una sorta di “ maternage”, una veglia nutrita di pensiero talvolta anche dolorosa dell’una accanto all’altra.
Femminismo e psicanalisi. Emancipazioni femminili e conquiste sociali partirono dal cuore profondo dell’Europa. Nel bel film Suffraggette con materiale d’archivio viene documentata la conquista del voto delle donne ostacolata violentemente e incredibilmente nel parlamento inglese anche dagli uomini più democratici. Oggi tutto ciò ha permesso al mio lavoro da psicanalista di prendersi cura delle donne e non solo. Non dimentico e ve le restituisco le parole attente di una scrittrice come Dacia Maraini che pur nella ripetuta denuncia indignata dei femminicidi ha potuto restituire i cambiamenti di una parte del mondo maschile. “ Uomini degni di amore”. Uomini che si vanno anche modificando ma in un modo che v’è anche il ritorno di una reiterata ambivalenza. Eppure siamo circondati non solo da uomini violenti ma anche donne con reazioni violente e a prima vista inspiegabili sui loro figli. E’ cosi che il figlicidio si somma ai continui femminicidi. Penso che l’indignazione non è rabbia ma conseguenza della silenziosa conquista da parte delle donne europee di territori tradizionalmente maschili e che debba aspettarsi il dover fare i conti con la contraddittoria ambivalenza spesso negata dal mondo maschile. Quali sono dunque le domande da rivolgere alla psicanalisi?. Yessica Benjamin femminista e psicanalista ha recentemente riaggiornato il suo testo “Soggetti d’amore” del 95 con un riapprofondimento del legame di amore e potere nella coppia con ottica diversa rispetto alla polarizzazione radicale del rapporto di genere Eppure proprio questa libertà attuale di decidere in una crisi famigliare può incepparsi in dolorose violenze che non alludono solo all’aumento dei femminicidi: l’Edipo riletto da Freud è il mito che ha permesso meglio una lettura di alcune di queste violenze ma non altrettanto per quella più taciuta e poco lavorata,come se fosse la più terribile o comunque la più inedita. Quella di una madre che uccide i propri figli. E’ come una dissonanza, una faglia che attraversa gelidamente donne “senza speranze” più che disperate. Un territorio “straniero” (Cimino).
Ipotesi di interpretazioni psicanalitiche
Nella rilettura delle pagine di Freud nel testo che riguarda il Disagio della civiltà oggi possiamo tentare un confronto con questo mutamento antropologico,entrare nell’ombra che accompagna femminicidi a mano maschile e figlicidi a mano materna. V’è sicuramente un eccesso. L’odio che si sprigiona in queste implosioni famigliari mira all’essere dell’Altro,una sorta di invidia speciale. Come suggerisce Lacan “un’invidia della vita”. Nasciamo tutti come esseri desideranti. La parola desiderio o meglio de-siderio apre uno scenario punteggiato di “sidera” cioè quelle stelle che ci immaginiamo sdraiandoci a guardarle sotto il cielo ma nell’etimologia vi è un deprivativo, il de quando nel cammino possiamo perdere i riferimenti nella percezione della lontananza. E’ invece proprio questa mancanza di possesso, di sicurezza nella padronanza, che si trasforma in un’esperienza preziosa che insegna ad attendere e cercare ognuno la propria stella. In Occidente vi è una patologia sociale che va a nascondersi nel rapporto di genere. Un godimento compulsivo che fa passare dal desiderio al godimento dei consumi con un culto dell’Io che diventa padrone assoluto di sé stesso. Siamo di fronte all’ oggetto marca-idolo che cancella ogni esperienza del “ dolore dell’esistere”.E’ così che l’edificio famigliare viene immerso nel trauma della crisi del vecchio modello patriarcale. Una madre dedica alla coppia simbiotica e incorporante del figlio, accanto a un Padre Padrone. I nuovi spazi emancipatori sono in movimento. Vi do una metafora che la Kristeva ha spesso usato nel descrivere il cammino delle ultime generazioni femminili, la loro corsa emancipatoria. Essere donne oggi significa fare una quadratura del cerchio tra maternità ed espressione del proprio talento creativo.Una creatività quella femminile profondamente immaginativa. In aisthesis (estetica) i Greci si riferivano a sensazione, percezione e sentimento. Un aspetto che riguarda la soggettività e il senso del bello. “ Donne che corrono in avanti e lo sguardo è rivolto indietro alle loro madri”.
L’impossibile separazione e la bellezza ferita
Le donne nel presente auspicano, pur nella libertà delle scelte,di poter vivere l’esperienza della maternità senza negare il loro “ essere donne” . Voglio presentarvi due immagini, anziché categorie di pensiero. Nel bel museo ad Atene sotto il Partenone si può godere la visione delle KORAI,le fanciulle descritte dai Greci come l’archetipo della moglie e madre. Questo bellissimo volto femminile ha uno “sguardo” che va oltre. Così viene rappresentata quell’indicibilità che può esprimersi solo attraverso il mito misterico di Persefone-Kore. Se andiamo alla radice mitologica del MISTERO incontriamo un significato, silenzio che chiude la bocca ammutolita, nei segreti riti di iniziazione come gli eleusini,dionisiaci,orfici. E’ quì che TANATOS incontra EROS direbbe Freud. La seconda figura è Pilar protagonista di un film spagnolo (Iciar Bollain).Questa moglie abbandona il marito violento emancipandosi con la raffinata scelta di essere critica d’arte docente di un gruppo di allievi. Data la terapia di gruppo del marito la donna decide di tornare e dare fiducia al suo compagno.Ma il marito spia la lezione della moglie davanti al quadro e al suo rientro in casa la umilia denudandola e chiudendola all’aperto sul terrazzo. Titolo del film è “TI DO I MIEI OCCHI”. Sarà questa tragedia di umiliazione che permetterà a Pilar un’uscita dalla casa oltre la violenza e la morte.
La madre arcaica e la madre antica.
Il mito di Edipo fu a lungo interrogato da Freud con la scoperta delle vestigia della civiltà Micenea su cui venne costruita quella Greco Romana. Tale scoperta ha segnato l’invenzione della Psicanalisi ma con una sospensione di approfondimento su ciò che Freud chiamò “il continente nero” della femminilità. Sarebbe stato compito delle psicanaliste donne dare nome all’altro femminile. Il femminismo nato dall’attacco critico ai Fratelli e al Padre patriarca si è fermato al rapporto FIGLIA E MADRE. Di tutto ciò non vi è traccia nel mito di Medea se non la rivendicazione di questa DONNA rispetto a una maternità usata per la vendetta sul marito-padre traditore. “Rifiuto di essere messa a tacere come donna negata e soggetto desiderante” (dalla lettura del testo di Medea). Dove riprenderemo questo filo spezzato dell’eredità del materno?.
(Maria Gabriella Frabotta)